di Alessio Lattuca

Sono anch’io tra coloro che pensano e, non da adesso, che un grande Paese si segnala per le grandi opere che riesce ad assicurare ai cittadini e ai visitatori! Sono altrettanto convinto che dire sempre di No, senza giustificare il proprio dissenso o peggio senza proporre alternative, non faccia bene al Paese. Ed è una delle ragioni che può condurre il Paese verso il declino. Le infrastrutture sono infatti la precondizione per lo sviluppo e la promozione sociale. D’altrocanto l’Italia, per la sua posizione geografica al centro del Mediterraneo, ha un naturale e storico ruolo strategico per gli scambi commerciali tra l’Europa, i Paesi Orientali, il Nord Africa e l’America. Ruolo che l’Italia, a oggi, non può svolgere a pieno per la mancanza di adeguate infrastrutture. Il vero nodo centrale della questione infrastrutturale e dello sviluppo economico correlato, risiede nella capacità di mettere in condizione il Paese di poter intercettare i grandi flussi commerciali che l’area del Mediterraneo, nell’era della globalizzazione, offre in maniera esponenziale, in modo che possa svolgere in modo credibile la funzione di grande piattaforma logistica Mediterranea. Si tratta di un obiettivo concreto che deve essere realizzato tempestivamente, in anticipo rispetto a soluzioni sfavorevoli all’Italia.

Nei prossimi anni si giocheranno importanti partite trasportistiche che potrebbero aumentare o diminuire l’importanza della posizione strategica dell’Italia al centro del Mediterraneo. La domanda di mobilità delle merci è in continua crescita e la ripartizione del traffico terrestre conferma come la modalità gomma, soprattutto in Italia, sia sempre più preponderante rispetto a quella ferroviaria, con conseguenti problemi di congestione, inquinamento, incidentalità e costi per la collettività. Inoltre, l’Italia è naturalmente un Paese attrattivo e, in quanto tale, deve riflettere su cosa fare per migliorare la mobilità e potenziare i servizi per l’accoglienza. E’ noto, ai più, che nei prossimi anni, 150 mln di turisti cinesi sono interessati a raggiungere e visitare l’Europa. Ed è, forse, per dette ragioni che i cinesi hanno manifestato la loro disponibilità a realizzare il ponte? E’ evidente che i cinesi sono arrivati da un pezzo.  Ma sembrerebbe che adesso stanno per preparare lo sbarco in grande stile in Sicilia.  E non per vendere cianfusaglie o abbigliamento low – cost, ma per dimostrare agli italiani che tutto si può fare, compreso il Ponte sullo Stretto. Infatti le grandi compagnie dell’estremo oriente hanno dichiarato che sarebbero pronte a realizzare la più chiacchierata delle opere pubbliche italiane.

I cinesi sarebbero disposti a investire nella costruzione del ponte sullo Stretto e in altre infrastrutture nel Mezzogiorno. Zamberletti, ex presidente della società Stretto di Messina ha rilasciato, anni fa, dichiarazioni secondo le quali ci sarebbero capitali cinesi pronti a finanziare l’opera e, a tale proposito, ha fatto i nomi della China investment corporation (Cic), fondo sovrano di Pechino, e di società di costruzioni come la China communication and construction company (Cccc). Qualcuno ha messo in discussione la veridicità di tali affermazioni e le avrebbe considerate un tentativo posto in essere dalla società che si occupa del ponte fantasma di alzare la voce rispetto alla decisione del governo Monti di mettere in soffitta definitamente l’opera: costata, nella lunghissima gestazione, oltre 300 mln di euro. E, in conseguenza, posto in liquidazione la società “Stretto di Messina spa”, società pubblica, costituita da oltre 30 anni.  Ma sono arrivate conferme sui contatti da parte di Enzo Siviero, docente all’Università di Venezia.  A suo dire a Istanbul, dove Astaldi – al tempo – stava iniziando la costruzione del terzo ponte sul Bosforo, sarebbe avvenuto un incontro fra i rappresentanti della Cccc e Giuseppe Fiammenghi, direttore generale della Società Ponte di Messina. Nel corso dell’incontro i cinesi avrebbero consegnato un memorandum contenente manifestazioni di disponibilità a realizzare l’opera”. La Cccc, sempre secondo Siviero, avrebbe presentato un piano, chiamato «Ulisse», per realizzare una piattaforma logistica da Gioia Tauro a Trapani e sarebbe stata interessata a interventi sulle ferrovie da Napoli in giù, compreso il raddoppio della linea Messina-Trapani. E, successivamente, una delegazione cinese si sarebbe recata a Messina, per incontrare i rappresentanti della società Ponte Stretto.  Risulta opportuno segnalare che la CCCC è un colosso da trenta miliardi di fatturato che vanta realizzazioni da primato. Per esempio il Ponte di Huagzhou, il più lungo del mondo (36 chilometri). Oppure quello di Su Tong Yangtze (32 chilometri).   La previsione di Siviero, secondo la quale il ponte sarebbe stato conveniente realizzarlo perché i conti:  tra penali, indennizzi e rimborsi avrebbero dimostrato che cancellarlo costerebbe più che costruirlo, comincia non più timidamente a trovare riscontro. Infatti il consorzio Eurolink, guidato da Impregilo, che nel 2005 si è aggiudicato l’opera per un importo di 3,88 miliardi, potrebbe rivalersi sullo Stato e chiedere il pagamento di una penale, somma che il governo Monti aveva in un primo tempo accantonato proprio a questo scopo, fino alla recente decisione di concedere una proroga di due anni per decidere cosa fare del progetto. La disponibilità di Piero Salvini > Impregilo, manifestata evidenziando che adesso è il momento giusto per realizzare il Ponte: tassi bassi e fondi capienti, a Renzi (che l’ha rilanciata con una sfida a Impregilo ) in occasione dei recenti festeggiamenti risulta una ghiotta opportunità per l’eliminazione del contenzioso (risarcimento di 790 mln di euro) e per la rinegoziazione del progetto del Ponte in progetto di finanza e sondarne, davvero, la fattibilità.  D’altrocanto il costo di oltre 3 mld di euro che FFSS deve sostenere nei prossimi 30 anni potrebbe contribuire alla realizzazione del Ponte e da un lato a creare “vera continuità territoriale” e dall’altro rendere possibile la definizione del “Corridoio Berlino – Palermo” già finanziato, in gran parte con fondi dedicati, dalla Comunità Europea. Le opere (alta velocità da Messina a Palermo > Trapani?) per le quali i demagoghi di turno sono impegnati “a parole” risulterebbero possibili perché comprese nel Corridoio. Semmai sarebbe prova di dignità se gli agitatori di turno i numerosi “benaltristi” si battessero perché attorno alla grande opera si progettassero opere collaterali, di enorme valore per lo sviluppo. Perché se corrispondesse al vero le questioni strombazzate a destra e manca……..Potrebbero contribuire a rimuovere un’assunto: l’idea di immobilismo di Gattopardiana memoria che dipinge il Sud fannullone!….Tuttavia non bisogna disperare il plotone dei siciliani Il rinnovato dibattito sul Ponte, opportunamente animato da Renzi, offre l’occasione per riflettere sulle ataviche criticità che affliggono il mezzogiorno. Infatti la questione del Ponte  (la cui realizzazione oltre ad essere simbolica, trasformerebbe un sogno in realtà, segnerebbe una linea di discontinuità,  e ricucirebbe una frattura fisica e morale) ha a che fare con la “Questione Meridionale” e richiede un doveroso richiamo di carattere storiografico: nei primi quattro decenni dopo l’Unità d’Italia, le opere di ammodernamento delle infrastrutture e delle vie di comunicazione entro i confini del nuovo Stato e verso i paesi confinanti furono concentrate nelle regioni settentrionali e portarono alla realizzazione di importanti trafori alpini (Frejus-1871; Gran San Bernardo-1882; Col di Tenda, stradale-1882; Col di Tenda, ferroviario-1890; Sempione-1898) e delle relative vie di accesso irradiate verso i territori circostanti. Al Sud, in generale, non fu data importanza. Ai porti del sud non fu data l’importanza dovuta e neppure fu riconosciuto il ruolo che avrebbero potuto avere per incrementare i traffici oltremare. Non furono avviate di conseguenza importanti opere di ammodernamento e/o realizzazioni di arterie stradali e ferroviarie, che avrebbero potuto evitare o alleviare il processo di isolamento delle regioni meridionali. Furono scelte penalizzanti, perché oltretutto non tennero conto che, all’epoca degli Stati pre-unitari, esistevano al Sud realtà produttive, insediamenti socio-economici, potenzialità archeologiche turistiche e paesaggistiche, la cui valorizzazione, favorita dall’appoggio di opportuni interventi infrastrutturali, avrebbe prodotto ricadute positive per l’intera nazione, evitando forse l’insorgere della “Questione Meridionale”, tuttora irrisolta. Purtroppo, l’opinione largamente diffusa nei due secoli scorsi, cioè che per l’avvio di innovazioni era comunque conveniente iniziare dal Nord, ancora persiste. Da parte dei detentori del potere politico-economico e dell’informazione, di estrazione o provenienza meridionale, non vengono svolte al riguardo azioni incisive per invertire questo dato di fatto, vuoi per poca conoscenza di certe problematiche, vuoi spesso per l’incapacità di cogliere per tempo il significato di processi evolutivi e di fattori determinanti dei diversi scenari socio-economici in divenire. Non è possibile non essere d’accordo sull’ importanza del programma che il Premier Renzi ha dichiarato di volere realizzare con la Sua “azione politica”.  Egli ha ripetutamente affermato che va portata l’Alta Velocità al Sud e che occorre recuperare ritardi storici. Non è accettabile a suo dire, assistere inerti al consolidarsi in altri Paesi europei e non solo, di iniziative e realizzazioni capaci di modificare significativamente i fattori produttivi in larghi settori dell’economia mondiale e che possono condizionare in maniera consistente lo sviluppo delle singole nazioni.
In tema di movimentazione delle merci, quindi, non agganciarsi all’imponente reticolo delle grandi arterie stradali e ferroviarie, che nel giro di pochi anni garantiranno crescenti velocizzazioni dei trasporti terrestri dei prodotti provenienti o destinati ai trasporti marittimi (sempre più massicci in virtù delle grandi opere marittime programmate e del gigantismo navale), significherà rimanere confinati in una posizione subalterna, di retroguardia e di piccolo cabotaggio. La Sicilia non può ignorare l’evoluzione in corso nella portualità italiana (Livorno, Trieste, La Spezia, Ravenna, Civitavecchia, Gioia Tauro, Bari Taranto, Venezia, Ancona, Napoli, Genova), nei quali i responsabili dell’attività gestionale, hanno avvertito da tempo l’importanza dell’intermodalità articolata e complementare. Anche la Sicilia può aspirare ad essere una porta “principale” di ingresso per l’Europa dal Mediterraneo. Il Ponte è una grande opera ingegneristica, con le sue torri di 380 metri,  rappresenta la effettiva continuità territoriale (a proposito di continuità territoriale sembrerebbe che la  Commissione Europea non abbia ricevuto nessuna modifica dei programmi in merito alla continuità territoriale per la Sicilia su scali di Catania, Comiso, Palermo e Trapani, sbandierati invece come un successo già acquisito dal ceto politico.
Infatti  da notizie diffuse dalla stampa la risposta della Commissione Europea ad una interrogazione depositata da un rappresentante del Movimento 5, in merito alla Insularità, continuità territoriale e tariffe per aree agevolate in Sicilia, sembrerebbe soltanto di recente il ministero delle Infrastrutture e trasporti ha comunicato di aver avviato gli approfondimenti con la Commissione europea per permettere di utilizzare i fondi stanziati nella legge di stabilità e calmierare i prezzi dei biglietti aerei non solo per le isole minori di Lampedusa e Pantelleria, ma anche per gli aeroporti di Catania, Comiso, Palermo e Trapani) un affrancamento dagli aerei, ma è che è la leva per il dispiegarsi delle politiche Euromediterranee (è infatti Trait d’Union tra Europa e Sicilia > Africa) dovrebbe dismettere i panni di questione Ideologica e assumere quelli pragmatici di Questione conveniente. Così come accade nel Continente Europeo. Dove, tempestivamente, si realizzano le cose (materiali e immateriali) che servono! A tale proposito il 25 novembre 2005 in occasione della “Conferenza Mezzogiorno e Mediterraneo:  il Ponte trait d’union tra corridoio Berlino – Palermo e l’Africa”,  svoltasi a Catania a Villa Scammacca – sede di Banca Antonveneta (presente una nutrita rappresentanza della Società del Ponte e una significativa porzione della classe dirigente siciliana che osservava con interesse il plastico del Ponte esposto per l’occasione),  il vice Sindaco della Città di Catania ha manifestato tutto il suo stupore allorchè mi sono permesso sommessamente di segnalare che la realizzazione del Ponte sullo Stretto era ed è strettamente legata alla questione meridionale e che il  tema della costruzione del Ponte non può che essere inquadrata nel panorama geopolitico internazionale” e che esistevano ed esistono  svariate ragioni che impedivano la realizzazione del Ponte. Tra le quali quella legata allo stoccaggio delle merci che dovrebbero fermarsi al porto di Gioia Tauro o Augusta e si dirigono invece, verso i porti di Rotterdam e Amburgo per un asservimento agli interessi tedeschi, penalizzando i due importanti scali del Mezzogiorno. E che la più inquietante (sembrava fantapolitica) tra queste – che i politici, le classi dirigenti, gli osservatori non vedevano o facevano finta di non vedere – era, a mio modo di vedere, di carattere politico (economico): l’Establishment continentale (oggi giustamente avversato) ne aveva ostacolato la realizzazione, benchè già finanziatoperché interessato a eliminare la competizione dell’Italia, insieme a  spagnoli e  francesi, che spingevano  fortemente per la realizzazione di un nuovo corridoio ferroviario europeo diretto a  collegare, passando per i maggiori porti ispanici, Gibilterra a Stoccolma,  cuore dell’Europa centrale. Il risultato? Facilmente intuibile, l’Italia con i suoi porti sarebbe stata tagliata fuori dalla partita di scambi tra il Mediterraneo e l’Europa. Le ragioni per le quali l’infido progetto sia venuto meno, non è noto. Tuttavia, in ultimo i fatti: il Corridoio è stato azzoppato perché si è fermato a Napoli! Tagliando fuori il Mezzogiorno e una popolazione di circa 20 mln di abitanti! Era stato chiamato, ai tempi di Delors: Corridoio 1 perché ritenuto il più importante, quello destinato a collegare Nord e Sud dell’Unione europea, da Berlino a Palermo. Come sopra ricordato a Bruxelles ci hanno ripensato, non tanto alla direzione quanto alle destinazioni iniziale e finale. Più precisamente, dopo l’analisi del progetto di bilancio comunitario per il 2020 presentato lo scorso 29 giugno a Bruxelles, che prevede – per l’Italia meridionale – una radicale rivisitazione dell’assetto del sistema di comunicazione, hanno pensato a una modifica. E così da Berlino ci si sposta più a nord fino a Helsinki e da Palermo si raggiunge La Valletta, a Malta. Ma non è così semplice, come appare a prima vista. La cosa rilevante si scopre osservando il disegno del nuovo corridoio: a Napoli infatti si interromperebbe per deviare verso Bari da dove, attraverso una nuova “autostrada del mare”, si collegherebbe appunto al porto di La Valletta.  Risultato: l’Italia a sud di Napoli, e in particolare la Sicilia, rimarrebbe esclusa dal corridoio. Nel silenzio assoluto sono state registrate le ire del Presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo, che ha scritto una lunga lettera al Presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, per scongiurare il pericolo del definitivo isolamento dell’Italia meridionale dal resto d’Europa e per chiedere un incontro urgente. Lombardo riteneva, nella sua nota, che la proposta della Commissione fosse per un verso illogica dal punto di vista geografico ed economico e, inoltre, violasse i principi di coesione territoriale, sociale ed economica, su cui si fonda proprio il Trattato dell’Unione europea. In più secondo il presidente Lombardo ci sarebbe stata anche una violazione del regolamento CEE n. 913, relativo al traffico merci, che proprio l’anno precedente aveva disegnato, in virtù delle nuove adesione all’Unione di paesi del Nord Europa, un corridoio speciale per le merci – il numero 4 – Stoccolma > Berlino. Quindi con una logica completamente diversa, che la Commissione avrebbe deciso di  abbandonare.
Da ultimo il presidente della Sicilia si concentrato sulle conseguenze che il nuovo tracciato del corridoio 1 avrebbe avuto rispetto al Piano nazionale dei trasporti, in quanto venendo a mancare un collegamento di primo livello, nessuna infrastruttura progettata a sud di Napoli avrebbe “fondamento” economico: dall’asse autostradale a quello dell’alta velocità, “passando per il ponte sullo Stretto, per finire alla rete di porti e aeroporti di Calabria e Sicilia”. Tutte le opere realizzate, appaltate o solo progettate, sarebbero diventate “antieconomiche” per definizione: uno scenario antitetico rispetto la programmazione nazionale, che prevede di dotare il mezzogiorno di un livello adeguato di infrastrutture.  La tenue battaglia di Lombardo ha prodotto risultati? Difficile affermarlo o solo fare previsioni. Quel che è certo è che la decisione definitiva della Commissione è tabù. Tuttavia una cosa è certa: esisteva (esiste?) la cinica determinazione da parte del cosìdetto Establishment continentale (o direttorio) di sopprimere il corridoio. Soltanto la ferma determinazione del Ministro alle Infrastrutture e allo Sviluppo Corrado Passera che, nel gennaio 2012    ha dichiarato, in risposta a una interrogazione dell’on. Di Pietro, che per il Governo e per l’intero Paese il Corridoio Berlino-Palermo, modificato in Corridoio “Helsinki-La Valletta” a Napoli (Helsinki – Stoccolma – Malmö – Copenaghen – Lübeck – Amburgo – Hannover – Monaco – Innsbruck – Verona – Bologna – Firenze – Roma – Napoli – Bari – Taranto – Gioia Tauro – Palermo – La Valletta), rappresentava una infrastruttura strategica di assoluta rilevanza, in quanto  il nodo più meridionale della rete “corre” dell’intera area del bacino del Mediterraneo e assolve quindi il compito di raccordare aree periferiche del Continente europeo. In definitiva, il Corridoio si biforcherà: da un lato verso Taranto e Bari, dall’altro raggiungerà Palermo da dove proseguirà via mare fino a Malta. Particolarmente significativa la previsione di finanziamento per il raddoppio della linea “Messina-Palermo”. E se quindi il Corridoio europeo, recuperato dopo l’inerzia dei precedenti governi, è stato considerato dal ministro Passera e, adesso dal premier Renzi, di «assoluta rilevanza per il sistema Paese», è evidente che non può non passare sul Ponte dello Stretto, su cui dovranno transitare i treni veloci. Altrimenti lo stesso Corridoio europeo non avrebbe senso. Tra l’altro è utile ricordare che l’attuale sistema dei traghetti di Stato non solo causa spreco di tempo (due – tre ore di tempo davanti al «tappo»), ma ha un elevato costo pari oltre 300 milioni l’anno che contribuisce ad «ingrassare” la lobby dei traghetti privati. Il Ministro Passera, senza tentennamenti ed equivoci, ha motivato con precisione, l’assoluta necessità per l’Italia di inserire il nodo di Palermo e di Catania all’interno del Corridoio Helsinki-Palermo-La Valletta. Il Ministro ha offerto un ventaglio di argomentazioni: Palermo soddisfa i requisiti di città “nodo” in quanto la sua area metropolitana supera il milione di abitanti; il collegamento marittimo più diretto con l’isola di Malta avviene attraverso i porti della Sicilia (Pozzallo, Catania, Augusta, Palermo); i notevoli investimenti sostenuti dall’Italia per dare realizzazione alla parte meridionale del Progetto prioritario europeo (PP1) con specifico riferimento alla rete ferroviaria. Le richieste di Passera contenevano anche una fortissima motivazione politica. L’argomentazione “chiave” secondo la quale: alla Sicilia, che conta 5 milioni di abitanti, fosse garantito lo stesso “grado di libertà” di collegamento alla terraferma concesso ad altri Paesi europei (come nel caso del collegamento fisso di Malmoe che collega la Danimarca alla Svezia che ha goduto di contributi Ten-T).  Infine, ha correttamente informato il Paese sulle motivazioni presentate: espressione della forte volontà dell’Italia di mantenere la conformazione dell’asse. Le predette motivazioni, sono state recepite con favore e riconosciute come oggettive dai rappresentanti della Commissione. Sembrerebbe, infatti, che la nuova rete di trasporto europea oggi comprenda il Corridoio Berlino-Palermo che, nella nuova programmazione, ha assunto la denominazione di Corridoio Helsinki-Sicilia-Malta. Tale Corridoio, oltre a estendersi a sud-est con la Napoli-Bari-Taranto, si sviluppa nel territorio siciliano secondo la direttrice Messina-Catania-Enna-Palermo, per consentire di servire i principali nodi urbani dell’Isola e di migliorare i collegamenti ferroviari con i porti di Catania, Augusta e Palermo».  La sensibilità del Governo, manifestata da Passera ha segnato una svolta rispetto al governo Berlusconi a trazione leghista. Infatti preso per vero che Berlusconi, personalmente, avrebbe voluto il Ponte (sono sue le affermazioni – Porta a Porta del 2004 –  secondo le quali a Pasqua sarebbero iniziati i lavori) con relativa e inevitabile infrastrutturazione ferroviaria, è altrettanto vero che l’accoppiata Matteoli-Castelli (ex ministro e viceministro delle Infrastrutture) remava contro con evidenti risultati. Il fatto che Corrado Passera abbia, a suo tempo, richiamato l’esempio dell’attraversamento stabile tra Svezia e Danimarca cofinanziato dall’Unione europea ha indicato con chiarezza la sua volontà di collegare la Sicilia all’Europa con il Ponte sullo Stretto e di chiedere il finanziamento dell’Ue. La situazione attuale tuttavia non brilla: in Sicilia le Ferrovie stanno progettando e lavorando per preparare l’alta capacità (e non l’alta velocità) con cospicui investimenti, niente però sembra accadere lungo l’essenziale tratta Salerno-Reggio Calabria per la quale non ci risulta finanziato nemmeno il progetto preliminare. Peraltro l’ad delle Ferrovie, Mauro Moretti, in nome della sostenibilità dei costi ha tagliato con l’accetta i treni a lunga percorrenza, per cui si arriva all’assurdo che il Corridoio nominalmente c’è, ma mancano i treni e i binari dell’alta capacità. Bisognerà pertanto vigilare e verificare se corrisponde al vero che la Commissione europea avrebbe reinserito l’asse Napoli-Palermo e il Ponte sullo Stretto che per l’attuale Governo sembrerebbe costituisca una priorità per lo sviluppo del Mezzogiorno e in particolare della Sicilia. Passando all’aspetto finanziario, sembrerebbe che, nel documento programmatico, siano stati resi disponibili 50 miliardi così ripartiti: 21,7 miliardi alle infrastrutture di trasporto, 10 miliardi ai fondi di coesione- tra cui il Mezzogiorno in Italia -9,1 agli impianti energetici, 9,2 alle reti digitali. La mozione approvata, del Gruppo Ncd sulla riconversione del ponte in infrastruttura ferroviaria, è una scelta strategica significativa.  Sembrerebbe, infatti, che, nel disegno di legge di stabilità 2016, vi siano interventi notevoli in materia di infrastrutture e trasporti e, in particolare, i contributi in conto impianti a rete ferroviaria italiana.  Risultano, davvero, una incoraggianti le dichiarazioni di Alfano sulla utilità e fattibilità del Ponte, accompagnate da quelle del ministro delle Infrastrutture e, a seguire dal Capo del governo, che ha affermato che si tratta di scelta politica e di condividere “assolutamente” l’infrastruttura perché “l’alta velocità, non si può fermare a Salerno.  La nuova considerazione del Ponte, quale infrastruttura ferroviaria, diventa probabilmente la chiave di volta. Perché la infrastruttura è strategica per la rete ferroviaria. Soprattutto se corrisponde al vero che Ferrovie dello Stato, privatizzate, acquisiranno ANAS. Non bisogna dimenticare che sull’opera sono stati commessi moltissimi errori di valutazione spesso frutto di deficit di conoscenza. Il Governo Renzi – che si è fatto carico di una significativa azione politica e delle responsabilità che ne derivano – ha il dovere di dare, tempestivamente, seguito alle dichiarazioni di intenti e trasformarle in concrete attività (le conferenze dei capigruppo sembrerebbero perfezionate e, come dichiarato da NCD entro dicembre potrebbe essere riattivata la procedura) e offrire ai cittadini documentabili risposte, magari certificate da una commissione di esperti. Ce lo auguriamo e lo auguriamo al Premier Renzi!

Alessio Lattuca

Presidente Confimpresa Euromed